Call For Paper "Segni e Comprensione" N.111 (2026) - Deadline: febbraio 2026

(Rin)tracciare utopia

a cura di C. Danani

Quello che si era annunciato come il tempo del disincanto sembra essere approdato oggi a nuovi reincantamenti. Forse perché davvero del racconto non si può fare a meno, l'epoca della post verità vive anch'essa di nuove narrazioni, alle quali ci si affida con nostalgia regressiva o con malinconia rassegnata. Si è avvolti da una sorta di reincantamento disincantato. Anche quando il reale non ha presa e il passato non conta, ci si scansa dall'orizzonte del futuro: raccontando tuttalpiù a sé stessi – e lasciandosi raccontare – immagini di mondi che restano requisiti da pochi e alimentano rancori reali e frustrazioni solitarie.
In questo contesto, se da un lato si comprendono le ragioni dell'eclissarsi dell'intenzionalità utopica – troppo fastidiosa la sua tensione alla trasformazione, nella quale non si crede più come responsabilità storica e sociale – dall'altro il suo rarefarsi urla come una mancanza. 
Manca, utopia, come quel medio che si offre alla condivisione e a riconnettere presente e futuro – raccogliendo le consegne di un passato che pure non è più, ad accogliere il finito senza negarne le sporgenze, a dare ospitalità a infiniti che restano indominabili.
Le sue patologie sono note, ma non la smentiscono seppur la fiaccano: stanno nell'incapacità di essere pre-figurazione –per la pretesa di essere esito, come nella rinuncia a esserlo – per svalutazione di qualsiasi approdo. Sono malattie di disgiunzione che richiedono, perciò, abilità di ricucitura: tra presente e futuro, finito e infinito, qui e altrove. Utopia va forse intesa più come un verbo, che non un sostantivo: sta nella messa in movimento che, trasformando lo stato di cose esistente, fa accadere un più-di-bene che non si pretende né definitivo né assoluto e, tuttavia, si arrischia nella responsabilità dell'evento. 
Cercare le tracce di questo accadere – per riconoscerlo e dargli spazio e tempo – è già un atto intrinsecamente utopico: può avviare il movimento. Si compie quindi nella rinuncia sia alla fuga sia all'imposizione, nella proposta di narrazioni plurali e variabili, immanentemente trascendenti e praticamente performative.
Questo numero della rivista "Segni e comprensione" propone, allora, innanzitutto di rinvenire temi, esperienze, progetti, ma anche di articolare modi di riflessioni sul presente, in cui cogliere tracce di utopia e occasioni di elaborazioni promettenti, magari rovesciando distopie rimaste nascoste. Seguendo magari fili apparentemente disconnessi tra loro ma che non smettono di tramare utopie: modi di essere città, forme dell'abitare e del lavorare resilienti e solidali, progetti di sviluppo all'impronta della sostenibilità. Tracce di nuove prefigurazioni per narrazioni non mistificanti, in cui ritrovarsi per la costruzione del buon luogo che ancora non è. Si tratta di rimettere in gioco anche concetti e modelli di pratiche, per riuscire a cogliere una forza trasformativa che i critici di utopia non riescono a vedere.
Quali esperienze custodiscono oggi quella latenza del possibile con cui lavora utopia? Quali modi e nodi di pensiero si offrono a sostenere la sua spinta trasformativa? Nei cambiamenti in atto, come nei tentativi di resistenza, dove rintracciarla? E come?

Per il numero monografico n 111/2026 di Segni e Comprensione si invita alla presentazione di contributi su queste questioni, incoraggiando la trattazione, ad esempio, di 
1) Modelli del pensiero (ad esempio: teoria critica e utopia / letteratura e utopia / filosofia analitica e utopia / ermeneutica e utopia / fenomenologia e utopia…)
2) Tematiche a forte valenza euristica (ad esempio: sostenibilità / città / lavoro / tecnologie…)
3) Esperienze e pratiche (ad esempio: comunità esistenti che si autointerpretano-possono essere interpretate come utopiche, progetti formativi in attuazione, attività sociali…)

Istruzioni per gli autori:
Uscita prevista: giugno 2026
Lunghezza richiesta: max 40 mila battute spazi inclusi
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e-ISSN: 1828-5368