La lingua parlata del Galateo


Abstract


En
It is rather reckless to exhaustively define the languages which were actually spoken by southern Italian humanists during the Italian Renaissance. This is especially evident because of the persistent diamesic differences and the widely diglossical conditions through the centuries. Furthermore, a difficult reconstruction is pointed out by various authoritative sources (Palermo 2004, Coluccia 2010) due to philological considerations. The attempt may result even riskier when dealing with those pronunciation features which are generally blurred by the writing system of such languages. Nevertheless, keeping in mind the present day linguistic situation of the Sallentinian towns where Galateo did live, this paper aims at broadly summarising some considerations about local characteristics widespread within texts in vulgar attested in Galateo's works with respect of the expected evolutionary conditions of such languages since the XVth c. (Bausi 2004, Iurilli 2010, Maggiore 2016). Even though variation may be accounted for in reference to stylistic or textual reasons (see Parlangeli 1956), phonetic realisations that we may imagine, thanks to explicit conditions witnessed by some authors, are mostly inferred (cp. Sabatini 1993, 1996, Coluccia 2010). On the basis of a selection of examples taken from the Esposizione del Pater Noster, I propose to assess more reliable occurrences which may be studied according to nowadays conditions. By providing phonetic-dialectological references, I look forward to helping those specialists who are working to a detailed description of the linguistic framework in which these texts were written.
It
Stanti le note differenze diamesiche, le diffuse condizioni di diglossia che devono essersi presentate nel corso dei secoli e le difficoltà ricostruttive argomentate da fonti ben più autorevoli, risulta piuttosto avventuroso stabilire esaustivamente quali fossero le lingue realmente parlate dagli umanisti meridionali (Palermo 2004, Coluccia 2010). L'operazione può risultare anche più rischiosa se si pensa a quegli aspetti della pronuncia che sono generalmente opacizzati dalla scrittura di tali lingue. Tuttavia, avendo ben in mente la situazione linguistica salentina attuale dei luoghi galateani e riflettendo sugli scenari evolutivi dal '400 a oggi dei dialetti galatonese, gallipolino e, più in generale, leccese, in questo contributo, alla luce dei ben noti contrasti tra lingua scritta e lingua parlata, provo a riassumere – con un ordine di approssimazione grossolano – alcune riflessioni sulla caratterizzazione linguistica locale delle tracce in volgare presenti nelle opere del Galateo (Bausi 2004, Iurilli 2010, Maggiore 2016). Se infatti, nel corso di questi secoli, le testimonianze scritte presentano situazioni talvolta soprendenti, sicuramente per ragioni stilistiche e testuali (si vedano le acute osservazioni di Parlangeli 1956 proprio sul gallipolino), la realtà fonetica che possiamo provare a immaginare sulla scorta di condizioni desumibili dalle opere scritte di alcuni autori è in massima parte solo inferita (cfr. Sabatini 1993, 1996, Coluccia 2010). Partendo da pochi ma concreti esempi tratti dall'Esposizione del Pater Noster, propongo di esaminare (anche contrastivamente) alcune testimonianze più affidabili, con una copertura di temi resa incerta dalle oscillazioni nelle forme e dalla profondità dello scavo diacronico. Offrendo uno schema d'arrivo ben circostanziato in termini fonetico-dialettologici, m'illudo di servire la causa di quegli specialisti che lavorano all'allestimento di un quadro completo delle condizioni linguistiche in cui dev'essere nata quest'opera.

DOI Code: 10.1285/i20380313v23p187

Full Text: PDF

Refbacks

  • There are currently no refbacks.