Teorie metaetiche cognitiviste e non-cognitiviste si contendono lo statuto dell’etica. Le prime asseriscono che norme e valori possono essere oggetto di conoscenza, sicché l’etica può ambire a una fondazione e rientrare nell’ambito dei discorsi razionali; mentre le seconde affermano che esiste una differenza irriducibile tra questioni di fatto e questioni di valore, ponendo l’etica in una prospettiva non-fondazionale: i sistemi assiologici e normativi sono l’espressione di interessi, preferenze e scelte umani, la cui validità dipende dall’accettabilità pratica delle forme di convivenza cui danno vita. In tal senso, il discorso etico, non avendo un carattere conoscitivo, ma non può essere sottoposto agli stessi criteri di giustificazione e canoni di razionalità che valgono in ambiti di discorso scientifici. Occorrerebbe, allora, specificare un tipo di razionalità per il discorso morale, considerando, tuttavia, che una teoria razionale delle norme e dei valori è possibile solo se si possono stabilire relazioni di compatibilità (coerenza), incompatibilità (incoerenza), equivalenza e inferenza tra gli enunciati, le quali sono tradizionalmente definite in termini delle nozioni di verità e falsità. Ma, nella prospettiva non-cognitivista, gli enunciati morali non hanno significato cognitivo e, quindi, non sono veri o falsi, sicché la logica non può essere applicata a essi. In questo lavoro si tenta, con gli strumenti analitici dell’analisi logico-linguistica, di depotenziare le teorie cognitiviste non-naturaliste sostenendo, di contro, quelle non-cognitiviste, attraverso la proposta di un linguaggio logico-pragmatico che consente di superare questo loro limite principale.